E mentre in Gran Bretagna si torna alle punizioni tradizionali, la scuola resta al centro di paure, dubbi, perplessità di molti genitori alle prese con l’educazione culturale, sociale ed emotiva dei propri figli. Il tema è questo: il segretario alla pubblica amministrazione britannica propone una riforma che prevede di placare disattenzioni e turbolenze con punizioni d’altri tempi che vanno dalla raccolta dell’immondizia, alla cancellazione dei graffiti dai muri passando per la scrittura ripetuta e monotona di frasi come “sarò più attento”, “non copierò più” o robe simili.
Sottospecie di mantra che dovrebbero indurre il malcapitato a disciplinarsi per auto-convincimento…o per noia! Sempre meglio di un insulto pronunciato a mezza bocca per mettere in crisi la già instabile autostima di un giovane allievo, ma questi metodi dal sapore ottocentesco fanno pensare ancora una volta al possibile (o reale?) scollamento fra scuola, politici e generazioni che abbiamo voluto digitali, iperstimolate, multitasking, facilmente distraibili e distratte da notifiche e squilli. E’ forse questo distacco la causa della turbolenza giovanile a cui il sistema educativo inglese vuole porre rimedio? E ancora una volta, non sarebbe meglio una scuola capace di stimolare piuttosto che demolire ed attaccare? Se è vero ciò che la psicologa Eveline Crone evidenzia nel suo illuminante libro Nella testa degli adolescenti (Urrà, 2012), il cervello dei nostri figli reagirebbe con maggiore intensità ai segnali positivi, alle lodi per i successi ottenuti, piuttosto che ai rimproveri per gli errori commessi, percepiti dunque non come stimoli a fare meglio ma come deterrenti.
Perché allora noi adulti ci ostiniamo a porre l’accento su errori, défaillance e incapacità, piuttosto che sui traguardi raggiunti?
Non sarebbe meglio forzarci a stravolgere le prospettive per educare e crescere generazioni più sicure, felici e capaci?
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